Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre l’occasione per soffermarsi sulla fattispecie del trattamento illecito di dati personali attraverso la pubblicazione indebita di video e fotografie sul web.
La sentenza
Il caso affrontato nella sentenza e la decisione della Corte
Un uomo aveva costretto una ragazza ad avere contatti informatici con lui sotto continue minacce di diffusione in rete di un video (che la ritraeva in pose oscene), poi pubblicato su You Tube.
La Cassazione rigetta il ricorso proposto dall’uomo avverso la sentenza di secondo grado, con cui la Corte di Appello di Reggio Calabria aveva confermato la sua colpevolezza in ordine ai reati di violenza privata continuata (artt. 81 e 610 cp) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 D. Lgs. n. 196/2003) commessi in danno alla ragazza, in quanto la violenza privata – consistente nell’aver costretto la parte offesa ad avere contatti informatici con lui sotto continue minacce di pubblicazione in rete di un video che la ritraeva in pose oscene – risultava dimostrata dal contenuto minaccioso delle mail inviate alla ragazza e il reato di trattamento illecito dei dati personali risultava provato dalla avvenuta pubblicazione del video su You Tube con conseguente lesione del diritto alla riservatezza dell’immagine.
Trattamento illecito di dati personali: cosa prevede l’art. 167 del codice privacy
Il trattamento illecito è fattispecie prevista dall’art. 167 del D. Lgs. 196/2003 (codice privacy) che si riporta testualmente:
“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni”.
Perché si configuri un trattamento illecito di dati occorre cioè che il trattamento:
- avvenga in violazione delle disposizioni indicate nell’art. 167 del codice privacy (tra cui rientra anche l’art. 23 del codice, che prescrive l’obbligo di acquisire il consenso dell’interessato);
- sia effettuato al fine di trarre per sé un profitto o per arrecare ad altri un danno (è cioè richiesto il dolo specifico);
- abbia cagionato un nocumento (da intendersi come vulnus concreto, effettivo e non minimo).
La pubblicazione di un video o di una foto sul web può configurare un’ipotesi di trattamento illecito di dati?
La diffusione di dati attraverso pubblicazione in rete di un video o di una fotografia che ritrae una persona deve avvenire nel rispetto della normativa in materia di privacy (che trova applicazione, ai sensi dell’art. 5, comma 3, del D. Lgs. 196/2003, anche nel caso di trattamenti effettuati da privati per fini esclusivamente personali se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione).
In base a quanto previsto dall’art. 23 del codice privacy, la diffusione dei dati personali (ivi comprese le immagini) può essere effettuata solo previo consenso espresso dell’interessato (ad eccezione di specifiche e tassative ipotesi, in cui è invece possibile effettuare il trattamento anche senza richiedere preventiva autorizzazione).
La violazione di tale disposizione (espressamente richiamata nell’art. 167 del codice privacy) può certamente configurare un trattamento illecito di dati personali, punito con la reclusione, se il trattamento è svolto per trarre per sè un profitto o arrecare un danno ad altri e se dal fatto deriva nocumento.
Così, nel caso citato, in cui la Corte d’Appello di Reggio Calabria (con la sentenza avverso cui è stato proposto ricorso in Cassazione) ha confermato la colpevolezza dell’imputato, non solo per il reato di violenza privata continuata, ma anche per il reato di trattamento illecito di dati personali, desumendo, dalla pubblicazione del video su You Tube (effettuata evidentemente senza alcun consenso da parte della vittima e al fine di arrecarle un danno), l’esistenza del nocumento, consistente nella lesione del diritto alla riservatezza dell’immagine.