Il 16 giugno, in occasione dell’evento ADI Expo Roma 2016, ho parlato di privacy e videosorveglianza (per chi fosse interessato, trova qui le slide presentate durante l’intervento).
Di solito lascio ampio spazio alle domande e anche ieri ho avuto modo di rispondere ad alcuni dubbi dei partecipanti.
Ho allora pensato di riportare qui alcuni dei quesiti che mi sono stati posti, scegliendo le domande maggiormente ricorrenti anche in altri corsi ed eventi, che, quindi, penso possano essere di interesse per chi intende installare un sistema di videosorveglianza o comunque per chi opera nel settore.
Posso installare all’interno della mia attività (bar, tabacchi, farmacia) un monitor rivolto verso l’utenza, così che tutti coloro che accedono al locale possano rendersi conto che l’area è videosorvegliata e che le telecamere sono realmente funzionanti?
No, non è possibile per due ragioni: 1) rivolgendo il monitor verso l’utenza, di fatto, si consente a chiunque di visualizzare le immagini acquisite tramite il sistema installato e ciò è in contrasto con l’obbligo, per il titolare del trattamento, di conferire apposita lettera di nomina ad incaricato alle persone fisiche che possono accedere ai dati trattati (cfr. art. 30 codice privacy), dovendosi peraltro ricordare che – come precisato al punto 3.3.2 del provvedimento del Garante privacy 8 aprile 2010 sulla videosorveglianza – si deve procedere alla designazione di un numero limitato di soggetti e che la visione delle immagini deve essere consentita solo se indispensabile per gli scopi perseguiti; 2) l’obiettivo di informare chi entra nell’ambiente videosorvegliato della presenza di una o più telecamere, anche per disincentivare eventuali malintenzionati dal compimento di fatti illeciti, si può raggiungere con la gestione dell’apposito cartello (informativa breve), da collocare prima del raggio d’azione della telecamera.
Sull’argomento segnalo la risposta del Garante Privacy al quesito posto nel 2013 a Federfarma in ordine, appunto, alla possibilità, di collocare dei monitor per la videosorveglianza in modo che gli stessi fossero visibili a chiunque entrasse nell’attività, così da contrastare l’altissimo rischio di rapina cui sono quotidianamente esposte le farmacie italiane.
Ebbene, il Garante risponde negativamente al quesito affermando che “non può ritenersi conforme a legge una visione delle immagini “generalizzata”, che non solo non sia limitata ai soggetti effettivamente titolati a prenderne visione, ma addirittura si estenda a “chiunque sia presente nei locali dell’esercizio commerciale o della farmacia” […] e che “l’effetto deterrenza nei confronti dei malintenzionati” richiamato da Federfarma cui sarebbe volto l’utilizzo dei monitor “appare senz’altro eccedente, potendo essere lo stesso obiettivo raggiunto, in modo meno invasivo, anche attraverso la semplice apposizione dei cartelli contenenti l’informativa semplificata, che risultano pienamente idonei a informare chiunque si trovi nei locali della presenza di un impianto di videosorveglianza, eventualmente provvisto anche di sistema di registrazione”.
Posso installare telecamere finte?
La telecamera finta non consente di acquisire immagini.
Di fatto cioè l’utilizzo di una telecamera finta non comporta un “trattamento di dati personali”, in presenza del quale occorre osservare la normativa in materia di privacy.
Ciononostante non può comunque ammettersi l’utilizzo di telecamere finte perché le stesse potrebbero generare un affidamento incolpevole da parte chi si trova nelle aree apparentemente videosorvegliate, con possibili conseguenze di responsabilità in capo al soggetto che abbia deciso di installarle.
In seguito alla riforma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, l’installazione, per fini di sicurezza, di un sistema di videosorveglianza all’interno di un’impresa o attività commerciale in cui sono presenti dei lavoratori, deve farsi ancora precedere da accordo con i sindacati o da autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro?
Sì, anche in seguito alla modifica dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, rimane l’obbligo di raggiungere l’accordo con i sindacati o, in mancanza, di ottenere autorizzazione dalla Direzione territoriale del lavoro prima di procedere con l’installazione del sistema di videosorveglianza.
Le imprese che hanno più unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni sono però adesso più agevolate nelle procedure da svolgersi prima di installare il sistema, potendo adesso stipulare l’accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, in mancanza, rivolgersi non più alle singole DTL competenti per le singole unità operative, ma chiedere l’autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Chi decide di installare una telecamera all’interno della propria abitazione deve rispettare la normativa privacy (apporre cartello, gestire un’informativa completa …)?
No, se un privato utilizza un sistema di videosorveglianza all’interno della propria abitazione e non diffonde o comunica sistematicamente le immagini acquisite, non sarà tenuto ad osservare gli obblighi imposti dalla normativa privacy, ad eccezione del profilo della sicurezza (cfr. art. 5 comma 3 codice privacy).
Come indicato però dal Garante Privacy nel suo provvedimento 8 aprile 2010 sulla videosorveglianza (cfr. punto 6.1.), “benché non trovi applicazione la disciplina del Codice privacy […] l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione) escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) ovvero ad ambiti antistanti l’abitazione di altri condomini”.