La sentenza della Corte di Cassazione, II sezione civile, n. 14326/2014, pubblicata in data 24/6/2014, offre l’occasione di ricordare quali siano le prescrizioni normative da dover osservare nel caso in cui si intenda svolgere un’attività di marketing attraverso l’invio di fax promozionali alla numerazione di un utente presente in elenchi pubblici.
Nel caso che ha generato la controversia, infatti, una Società aveva adoperato tale canale, indirizzando tre messaggi di natura promozionale ad un numero di fax acquisito da Pagine Gialle, senza però adempiere agli obblighi previsti dal D. Lgs. 196/2003 (codice privacy).
Più precisamente infatti la Società non aveva fornito al destinatario di tali comunicazioni l’informativa privacy di cui all’art. 13 del codice e non aveva acquisito (o comunque non era in grado di documentare di aver acquisito) il consenso al trattamento per la finalità di marketing perseguita, presupposto invece essenziale che – come rilevato dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali in vari provvedimenti – non viene meno neanche nel caso in cui i dati siano ricavati da elenchi categorici o da elenchi pubblici.
Il Garante pertanto, su segnalazione del destinatario dei fax inviati, esaminata l’attività svolta dalla Società e rilevato che dalla documentazione in atti non risultava in alcun modo dimostrato che la stessa avesse raccolto validamente il consenso informato dell´interessato, con ordinanza -ingiunzione del 20 gennaio 2012, sanzionava la Società per tale condotta, intimando il pagamento di 10.400,00 euro a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni previste dall’art. 161 (omessa o inidonea informativa all’interessato) e 162 comma 2bis (altre fattispecie) del codice privacy.
Avverso tale provvedimento la Società proponeva opposizione, che però veniva rigettata dal Tribunale di Padova (sentenza del 4 aprile 2013) con argomentazioni sostanzialmente corrispondenti ai rilievi svolti dal Garante.
Né la Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso proposto dalla Società avverso la sentenza del giudice di merito, giunge a conclusione diverse, rigettando i motivi di ricorso e confermando, pertanto, la sanzione del pagamento della somma di 10.400,00 euro, comminata dal Garante per la violazione al trattamento dei dati personali derivante dall’invio di messaggi di natura promozionale senza dimostrazione di avere reso l´informativa e di avere raccolto un esplicito consenso.